Monday, 27 January 2003
A casa di nuovo
Sono tornata, quindi finalmente posso tirare le somme. E' stata una esperienza splendida e posso a questo punto dire che è andato tutto alla perfezione... mai perso un volo, mai perso un bagaglio! A Londra sono riuscita anche a riposarmi per ritornare pimpante al lavoro. L'High Tea al Lanesborough è stato come al solito all'altezza delle aspettative - la grande sala dal soffitto di vetro, le statue e i vasi in stile cinese (come piaceva ai Vittoriani), le grandi composizioni di fiori, le cameriere che ti versano sollecite il the per non lasciarti mai la tazza vuota... l'etagére d'argento carica di sandwiches, di scones, di crumpets... tutto come deve essere, il the prende qui la corretta forma di rito immutabile. Ancora due passi lungo Piccadilly e poi Star Trek X - Nemesis: dark triste e spettacolare... e lascia spazio per il numero undici. Domenica si dorme fino all'una (se non mi telefonava mia madre, avrei anche tirato di lungo...), un pasto semplice e poi alle cinque il cab per Heathrow. Alle dieci e mezza ero a Linate, a mezzanotte ho chiuso la porta di casa, ho parzialmente disfatto le valigie, ho scaricato le foto... alle tre del mattino ero a letto! Le foto meritano di essere viste... l'idea è di vederle insieme agli interessati... proponevo il 3 di febbraio alle 19 in sala riunioni... ma si vedrà!
Saturday, 25 January 2003
Oggi a Londra
Giornata uggiosa, ma fra poco usciro’ con Monica per uno stupendo High Tea al Lanesborough Hotel, vicino ad Hyde Park Corner – un lusso di altri tempi, con i sándwich al cetriolo gli scones la clotted cream… poi a passeggio e stasera ancora cinema – faccio scorpacciata di anteprime! domani bruch ad Hampton Court, assieme a Regina, la strordinaria amica tedesca di Monica - ma questa e’ un’altra storia ed andra’ raccontata un’altra volta…
Compleanno!
Continui bip del telefono rianimato, SMS a raffica telefonate, mail. E’ bello ritrovare tutte le persone care che si ricordano di me – ho fatto un elenco per ringraziare tutti e sono certa che dimentichero’ qualcuno… vado a braccio: Donatella Riccardo Cosimo e Chiara Robi Elena la sorellina Grazia Cinzia Cristina Chiara T. Annamaria (quante volte!) Monica Patrizia mia sorella Ba Mauro (che ha barato e me li ha fatti un giorno prima per essere il primo) Paolo P. Elisabetta La Mamma La Zia Wanda Rosy e Olindo Fabio Paolo M. Chiara D.M. Gianfranco Silvia Igor Giacomo e… Costanza? Moira Giusy Essam Manu Rosa mia cognata Judith Paola Carmen Kurt Lou Rossana Fumi Claudia Laurent Azza la mia sorellina egiziana La giornata del mio compleanno e’ stata certamente tutt’altro che glamorous… l’ho passata parlando con Monica che mi ospita nella sua bella casa feng shui a Twickenham… bevendo the per coccolare il mio stomaco strapazzato dalla dieta United, parlando di aspirazioni e di progetti di vita. Ho dormito sul divano e Monica mi ha lasciato riposare… siamo uscite la sera per andare al cinema nel West End (“Chicago” a Leicester Square… merita!), per vagabondare un po’ nella tiepida Londra, in un venerdi’ sera pieno di gente che esce e tira tardi. Niente di speciale, detto cosi’, ma e’ Monica che mi rende speciale il mio fine settimana qui.
La mia Londra
Non e’ solo questione di Vecchio Continente, Londra e’ aria di casa per me. Il mio primo viaggio da sola, compiuti i diciotto anni… tanti anni di risparmi per venire nella citta’ dei miei sogni – non l’ho piu’ lasciata, anzi, mi rimane il rimpianto di non aver creduto dall’inizio che sarei poluta venire a vivere e a lavorare qui. Quando mi sono resa conto che era del tutto realizzabile, ormai stavo facendo cose interessanti in Italia che non mi andava di lasciare. Dopo ventidue anni la guardo ancora con gli stessi occhi stellati, ne sono innamorata forse in un modo diverso, ma certamente innamorata sono. Amo la Londra vittoriana, mi emoziono ancora nei suoi musei, adoro le Food Halls di Fortnum &Mason’s, mi perdo ancora nelle librerie di Charing Cross, attraverso il Tamigi sul ponte pedonale di Waterloo sciogliendomi nella contemplazione del panorama, impazzisco per Docklands, ammiro i parchi in tutte le stagioni… mi inebrio dell’accento della gente di qui – dopo settimane di inglese “coloniale” e’ stupendo riesentire le adorabili montagne russe dell’intonazione BBC. In pochi luoghi mi sento al mio posto come a Londra.
Dei luoghi alieni.
Per il mio compleanno, Monica mi ha regalato un libro: “Trieste and the meaning of nowhere” – lei sa bene quanto Trieste significhi per me, professionalmente e personalmente, e gia’ da tempo le ho promesso una gita laggiu’… e cosi’ mi fermo a pensare ai luoghi che considero miei o che vorrei lo fossero. Bologna e’ senz’altro il principio di tutto – non credo potrei piu’ tornarci, certamente non facendo il mestiere che faccio, che e’ stato quello che mi ha portato via in primo luogo… ma Bologna e’ comunque casa, home, heimat, il luogo dove sarei voluta rimanere se non avessi scelto di dare priorita’ alla mia professione. E’ il luogo della mia famiglia – ma non so se potra’ tornare ad essere il mio. Di Londra non parlo piu’ – di rimpianti ho gia’ scritto abbastanza. Trieste e’ un posto importante, per me… anche se non so quanto a lungo ci tornero’, e’ legata a tanti momenti “speciali” che rimangono nella mia memoria e che mi perseguitano un po’ – capita, nei progetti un po’ tormentati – ma sono talmente tanti che non riesco a distaccarmene. Il tempo mi aiutera’ e mi rimarra’ solo il ricordo nitidíssimo della piazza del molo del mare. Il mare deve essere anche il protagonista della mia próssima casa – e gia’ penso al mio progetto Liguria – per conquistarmi quella vista strepitosa sulle montagne e sul mare che solo li’ sono riuscita a trovare… Ah, accidenti alla prima volta che ho visto Portofino! in quali pasticci mi sono infilata! come si fa ad abitare a Legnano con tanta bellezza a un’ora da Milano? ma come dicevo – basta attrezzarsi e non esiste desiderio che non si possa realizzare.
La mia Londra
Non e’ solo questione di Vecchio Continente, Londra e’ aria di casa per me. Il mio primo viaggio da sola, compiuti i diciotto anni… tanti anni di risparmi per venire nella citta’ dei miei sogni – non l’ho piu’ lasciata, anzi, mi rimane il rimpianto di non aver creduto dall’inizio che sarei poluta venire a vivere e a lavorare qui. Quando mi sono resa conto che era del tutto realizzabile, ormai stavo facendo cose interessanti in Italia che non mi andava di lasciare. Dopo ventidue anni la guardo ancora con gli stessi occhi stellati, ne sono innamorata forse in un modo diverso, ma certamente innamorata sono. Amo la Londra vittoriana, mi emoziono ancora nei suoi musei, adoro le Food Halls di Fortnum &Mason’s, mi perdo ancora nelle librerie di Charing Cross, attraverso il Tamigi sul ponte pedonale di Waterloo sciogliendomi nella contemplazione del panorama, impazzisco per Docklands, ammiro i parchi in tutte le stagioni… mi inebrio dell’accento della gente di qui – dopo settimane di inglese “coloniale” e’ stupendo riesentire le adorabili montagne russe dell’intonazione BBC. In pochi luoghi mi sento al mio posto come a Londra.
Dei luoghi alieni.
Per il mio compleanno, Monica mi ha regalato un libro: “Trieste and the meaning of nowhere” – lei sa bene quanto Trieste significhi per me, professionalmente e personalmente, e gia’ da tempo le ho promesso una gita laggiu’… e cosi’ mi fermo a pensare ai luoghi che considero miei o che vorrei lo fossero. Bologna e’ senz’altro il principio di tutto – non credo potrei piu’ tornarci, certamente non facendo il mestiere che faccio, che e’ stato quello che mi ha portato via in primo luogo… ma Bologna e’ comunque casa, home, heimat, il luogo dove sarei voluta rimanere se non avessi scelto di dare priorita’ alla mia professione. E’ il luogo della mia famiglia – ma non so se potra’ tornare ad essere il mio. Di Londra non parlo piu’ – di rimpianti ho gia’ scritto abbastanza. Trieste e’ un posto importante, per me… anche se non so quanto a lungo ci tornero’, e’ legata a tanti momenti “speciali” che rimangono nella mia memoria e che mi perseguitano un po’ – capita, nei progetti un po’ tormentati – ma sono talmente tanti che non riesco a distaccarmene. Il tempo mi aiutera’ e mi rimarra’ solo il ricordo nitidíssimo della piazza del molo del mare. Il mare deve essere anche il protagonista della mia próssima casa – e gia’ penso al mio progetto Liguria – per conquistarmi quella vista strepitosa sulle montagne e sul mare che solo li’ sono riuscita a trovare… Ah, accidenti alla prima volta che ho visto Portofino! in quali pasticci mi sono infilata! come si fa ad abitare a Legnano con tanta bellezza a un’ora da Milano? ma come dicevo – basta attrezzarsi e non esiste desiderio che non si possa realizzare.
Manhattan prima di partire e American Cuisine
Manhattan prima di partire
Ultimo giorno a New York… l’aereo e’ alle sette di sera, ma con la famosa paranoia degli Americani ho deciso che partiro’ ben per tempo, quindi mi concentro su come occupare giusto la mattina. E’ il giorno piu’ freddo della settimana – ancora cielo limpido sole splendente tombini che fumano. Non riesco a decidermi, la giornata e’ cosi’ bella che pare un peccato chiudersi in un museo – vagabondo per il Rockfeller Center: sul ghiaccio volteggiano solo gli istruttori, non ci sono pazzi che pattinano nel gelo delle dieci del mattino. Anche qui, atmosfera cinematografica – grande musica swing, la pista vuota, il vapore che sale dalla fontana ad avvolgere la statua dorata di Prometeo, i grattacieli intorno, sembrerebbe davvero un set per qualche commedia romantica. Giro svogliata per Saks Fifth Avenue, ma non ci sono grandi magazzíni eccitanti… Giorgio e Gucci ovunque. Curioso per il negozio dell’NBC – e’ proprio accanto al Rockfeller Center, come gli studi televisivi : la mattina c’e’ un breve collegamento in diretta (che io vedo a letto, sepolta sotto le coperte), fan con i cartelli sfidano il freddo per farsi riprendere accanto ai conduttori imbacuccati, ognuno cerca i suoi cinque secondi di popolarita’. Il senso di colpa mi attanaglia… ultima chance di vedere il Metropolitan Museum e io vagabondo per i negozi della Quinta ? Resisto poco, alle undici e mezza sono nell’atrio del Museo. Beh, lo scrigno delle meraviglie… curioso come anche i reperti greci ed egiziani sembrino nuovi, come lucidati di fresco… che anche i restauratori americani cedano a questo gusto cinematografico che permea la citta’? La quantita’ ma soprattutto la qualita’ dei reperti e’ straordinaria. Mi sento sciocca a visitare la sezione egizia, ma qui e’ stato ricostruito un intero tempio, quello di Dendera, donato dall’Egitto agli USA per gratitudine: per la diga di Assuan quanti debiti di riconoscenza si sono pagati in natura, mi domando? Il mio obiettivo primario e’ la sezione della pittura europea – dal Rinascimento all’arte moderna - sale e sale di tesori… se da un lato inorgoglisce vedere nomi italiani, come fai a non infuriarti con chi ha lasciato scappare capolavori cosi’? Il settore degli impressionisti e’ ricchissimo: Monet, Gaugin, Cezanne, tantíssimo straordinario Van Gogh. Giro fra le sale concentrandomi solo su cio’ che mi colpisce, e gia’ con questa forma estrema di selezione non riesco ad uscire prima di due ore e mezzo dopo.
Aria di casa
Di sala in sala, mi faccio guidare dall’istinto… verifico il cartellino solo quando riconosco una mano nota… i colli innaturali di Filippo Lippi (che li ha trasferiti a Botticelli), i grandi ritratti di Van Dyck, i volti severi di Cranach… e’ bello anche tirare un po’ ad indovinare, ma… uno dopo l’altro mi faccio avvicinare da Guido Reni, dai Carracci, da Francesco Francia (ferrarese, ma certo piu’ di casa di un fiorentino…). Passo alle arti decorative, mi faccio chiamare da un intero coro intarsiato ricostruito in una piccola sala: da dove verra’, da dove l’avranno rubato? – da un castello francese, ma chi l’ha fatto? la scuola bolognese del coro di San Domenico… quante volte l’ho ammirato quel coro, nei minuti prima di entrare a scuola, quando si cercava rifugio al freddo nella chiesa accanto: una meraviglia di legni colorati di disegni ingegnosi di prospettive lignee… ed ora la stessa mano mi balza agli occhi, mille miglia nel tempo e nello spazio. Casa… ritrovarla un po’ nelle boutiques di Bruno Magli e di Testoni sulla Quinta, nelle pubblicita’ IBM di Ducati e di Furla sui cartelli ad Heathrow… Bologna rules!
American cuisine
Ultimo pasto a NYC. Un “deli”, come lo chiamano qui, fra Park Avenue e la Madison. Un bagel e un pastrami sándwich, la quintessenza del mangiar comune fuori casa… il bagel e’ un panino dolce, lo prendo farcito di cream cheese. Il pastrami sándwich arriva carico di arrosto di tacchino crauti salsa chissa’ che altro… ne mangio meta’ e sono sazia fino al próssimo Capodanno.
Ultimo giorno a New York… l’aereo e’ alle sette di sera, ma con la famosa paranoia degli Americani ho deciso che partiro’ ben per tempo, quindi mi concentro su come occupare giusto la mattina. E’ il giorno piu’ freddo della settimana – ancora cielo limpido sole splendente tombini che fumano. Non riesco a decidermi, la giornata e’ cosi’ bella che pare un peccato chiudersi in un museo – vagabondo per il Rockfeller Center: sul ghiaccio volteggiano solo gli istruttori, non ci sono pazzi che pattinano nel gelo delle dieci del mattino. Anche qui, atmosfera cinematografica – grande musica swing, la pista vuota, il vapore che sale dalla fontana ad avvolgere la statua dorata di Prometeo, i grattacieli intorno, sembrerebbe davvero un set per qualche commedia romantica. Giro svogliata per Saks Fifth Avenue, ma non ci sono grandi magazzíni eccitanti… Giorgio e Gucci ovunque. Curioso per il negozio dell’NBC – e’ proprio accanto al Rockfeller Center, come gli studi televisivi : la mattina c’e’ un breve collegamento in diretta (che io vedo a letto, sepolta sotto le coperte), fan con i cartelli sfidano il freddo per farsi riprendere accanto ai conduttori imbacuccati, ognuno cerca i suoi cinque secondi di popolarita’. Il senso di colpa mi attanaglia… ultima chance di vedere il Metropolitan Museum e io vagabondo per i negozi della Quinta ? Resisto poco, alle undici e mezza sono nell’atrio del Museo. Beh, lo scrigno delle meraviglie… curioso come anche i reperti greci ed egiziani sembrino nuovi, come lucidati di fresco… che anche i restauratori americani cedano a questo gusto cinematografico che permea la citta’? La quantita’ ma soprattutto la qualita’ dei reperti e’ straordinaria. Mi sento sciocca a visitare la sezione egizia, ma qui e’ stato ricostruito un intero tempio, quello di Dendera, donato dall’Egitto agli USA per gratitudine: per la diga di Assuan quanti debiti di riconoscenza si sono pagati in natura, mi domando? Il mio obiettivo primario e’ la sezione della pittura europea – dal Rinascimento all’arte moderna - sale e sale di tesori… se da un lato inorgoglisce vedere nomi italiani, come fai a non infuriarti con chi ha lasciato scappare capolavori cosi’? Il settore degli impressionisti e’ ricchissimo: Monet, Gaugin, Cezanne, tantíssimo straordinario Van Gogh. Giro fra le sale concentrandomi solo su cio’ che mi colpisce, e gia’ con questa forma estrema di selezione non riesco ad uscire prima di due ore e mezzo dopo.
Aria di casa
Di sala in sala, mi faccio guidare dall’istinto… verifico il cartellino solo quando riconosco una mano nota… i colli innaturali di Filippo Lippi (che li ha trasferiti a Botticelli), i grandi ritratti di Van Dyck, i volti severi di Cranach… e’ bello anche tirare un po’ ad indovinare, ma… uno dopo l’altro mi faccio avvicinare da Guido Reni, dai Carracci, da Francesco Francia (ferrarese, ma certo piu’ di casa di un fiorentino…). Passo alle arti decorative, mi faccio chiamare da un intero coro intarsiato ricostruito in una piccola sala: da dove verra’, da dove l’avranno rubato? – da un castello francese, ma chi l’ha fatto? la scuola bolognese del coro di San Domenico… quante volte l’ho ammirato quel coro, nei minuti prima di entrare a scuola, quando si cercava rifugio al freddo nella chiesa accanto: una meraviglia di legni colorati di disegni ingegnosi di prospettive lignee… ed ora la stessa mano mi balza agli occhi, mille miglia nel tempo e nello spazio. Casa… ritrovarla un po’ nelle boutiques di Bruno Magli e di Testoni sulla Quinta, nelle pubblicita’ IBM di Ducati e di Furla sui cartelli ad Heathrow… Bologna rules!
American cuisine
Ultimo pasto a NYC. Un “deli”, come lo chiamano qui, fra Park Avenue e la Madison. Un bagel e un pastrami sándwich, la quintessenza del mangiar comune fuori casa… il bagel e’ un panino dolce, lo prendo farcito di cream cheese. Il pastrami sándwich arriva carico di arrosto di tacchino crauti salsa chissa’ che altro… ne mangio meta’ e sono sazia fino al próssimo Capodanno.
Wednesday, 22 January 2003
Accelerando
E cosi’ sono nella volata finale prima del 24 gennaio – compiro’ gli anni alle 7,15, meridiano di Bologna… se sopravvivo, ovviamente! Posso dire che fin qui, tutto bene! Avro’ molto ancora da pensare e da scrivere, anche quando saro’ di nuovo in Italia. Comunque, fare il giro del mondo si puo’: basta risparmiare un po’ ed avere un certo spirito di adattamento. Il fatto che io parli o parlicchi quattro lingue ha aiutato (buffo: quella che parlo meglio mi e’ servita a poco o a nulla, quella che parlo peggio mi ha fatto trovare un amico a Bali!), ma non e’ stato decisivo – a parte due chiacchiere sulla spiaggia con una coppia di Francoforte, anche il mio tedesco non mi ha portato molto in la’… Ragazzi, l’inglese e’ tutto! Non c’e’ niente da fare, il fatto di parlarlo, leggerlo e scriverlo mi ha reso tutto molto semplice – tutti mi dicevano: Sei Italiana? Non si direbbe, parli inglese molto bene… e questa la dice lunga delle abitudini viaggiatorie dei nostri compatrioti! Le cose piu’ strepitose del viaggio? Faro’ una lista, ci devo pensare con un po’ di prospettiva. Rimango sempre colpita dal notare quanto poco occorra per sentirsi a casa propria ovunque – ok, I miei hotel non erano bettole, ma alla fine serve soprattutto un luogo pulito e sicuro dove ricaricarsi a fine giornata… e, a parte I capricci e qualche minimo souvenir, non occorre neanche un patrimonio di pocket money. Quindi, che cosa vi trattiene? Io so solo che la sera prima di partire non capivo piu’ nulla – panico totale, timore di dimenticare qualcosa di fondamentale, paura di tutto! Poi e’ bastato salire sul primo aereo ed e’ passato… penso che rifaro’ qualcosa del genere prima o poi… certamente prima dei cinquanta! A Londra ritrovero’ degli amici, ma fino ad ora non sono mai stata sola, grazie a tutti quelli che mi hanno scritto, telefonato o SMSato. Grazie mille, siete stati la componente fondamentale della festa! E vedremo di organizzarci al mio ritorno!
Uptown Girl
Tempo di bilanci, quindi? Al West Side proletario e reminescente dell’immigrazione preferisco la stagionata plutocrazia dell’East Side: Times Square e’ un’accozzaglia di cartelloni schiamazzanti, molto meglio la classe della Quinta Avenue. Diciamo che mi e’ piaciuto mangiare un donut con il caffe’, acquistato in uno dei carretti all’angolo delle strade – 1$ per tante calorie – ma vado pazza per il mio accappatoio bianco con lo stemma dorato del Waldorf Astoria sul petto… Oggi Little Italy e Chinatown – piu’ per dovere di cronaca che altro: una lunga teoria di pizzerie non e’ poi cosi’ eccitante – e nell’anatra alla campagnola ci hanno lasciato le ossa, maledetti musi gialli (peraltro questo bell’internet café’ estremamente bello ed economico e’ gestito da loro…). Domani penso che mi rifugero’ o al Metropolitan Museum (temo un po’ una delusione) o da Macy’s (Bloomingdale’s e’ un po’ proletario, se paragonato a Bergdorf Goodman – una grande magazzino quieto e distinto, ovviamente strapieno di firme italiane…) A parte cio’, avendo Montenapo (o la Galleria Cavour) a portata di mano, qui di sorprendente c’e’ ben poco. D&G ovunque, Fendi come se piovesse, Armani in tutte le forme… insomma, ci siamo solo noi!
Extraterritoriale
Ultimo giorno completo a NYC: sempre piu’ freddo – temperatura da Riviera d’inverno, ma in Farenheit! Il primo giorno ho anche assistito ad una nevicata lampo – splendeva il sole, ma la neve turbinava ovunque: molto cinematografico, durata tre minuti esatti. Per il resto il sereno e il gelo perdurano, domani e’ prevista una massima di 17 ed una minima di 9 (Farenheit! Fatevi fare la conversione da Christian Dior!)
La donna che visse due volte
Rifletto un attimo su quanto e’ stato strano il mio 19 gennaio: come dovro’ conteggiarlo, nella mia vita? Sono partita al pomeriggio da Auckland e sono arrivata alla mattina dello stesso giorno a Los Angeles. Meraviglie della Linea del Cambio di Data. Fa impressione – ed e’ difficile farlo capire al datario dell’orologio, dannazione! Phileas Fogg ci ha vinto la sua scommessa, con questo scherzo…
America e tutti gli altri
Bandiere ovunque, di tutte le dimensioni: e passi… quello che passa molto meno e’ il martellamento ossessivo di tutte le reti televisive riguardo alla Guerra. Iraq Countdown, si chiama una rubrica giornalistica. Ogni telegiornale non parla delle possibilita’ di pace, ma solo ed esclusivamente della Guerra imminente – sembra che gli unici coglioni che ci credono ancora, in una soluzione diversa, siamo noi europei. Alla premiazione dei Golden Globe, quel mattacchione di Pedro Almodovar ha vinto (ancora!) e nel suo discorsetto di ringraziamento e’ stato l’unico ad augurarsi la pace – applausi moderati, mai piu’ rivisto in nessun telegiornale, al contrario di Sharon Stone, che ha gigioneggiato con Richard Gere, o di Kim Cattrall (la Samantha di Sex and the City) che ha confessato di aver perso il conto degli uomini con cui e’ dovuta andare a letto per vincere il premio… E allora, che cosa ho fatto io, nel mio piccolo? Oggi ho visitato la sede dell’ONU. Piu’ che turismo, una testimonianza. Le visite guidate portano in giro per le grandi sale – ed e’ stato commovente vedere dove il Consiglio di Sicurezza si riunisce – anche se visitare una sala vuota non ha dato l’impressione di un grande impegno sul pezzo… Una esperienza forte comunque – anche perche’ (sara’ un’impressione?) si coglie davvero l’estraeneita’ (piu’ che la extraterritorialita’) delle Nazioni Unite rispetto a New York. Se Rockfeller Jr. non avesse avuto questa idea balzana di regalare un pezzo inestimabile di terreno a questi rompicoglioni di Caschi Blu… la sede centrale dell’ONU sorgerebbe a Parigi o a Toronto o chissa’ dove.
La donna che visse due volte
Rifletto un attimo su quanto e’ stato strano il mio 19 gennaio: come dovro’ conteggiarlo, nella mia vita? Sono partita al pomeriggio da Auckland e sono arrivata alla mattina dello stesso giorno a Los Angeles. Meraviglie della Linea del Cambio di Data. Fa impressione – ed e’ difficile farlo capire al datario dell’orologio, dannazione! Phileas Fogg ci ha vinto la sua scommessa, con questo scherzo…
America e tutti gli altri
Bandiere ovunque, di tutte le dimensioni: e passi… quello che passa molto meno e’ il martellamento ossessivo di tutte le reti televisive riguardo alla Guerra. Iraq Countdown, si chiama una rubrica giornalistica. Ogni telegiornale non parla delle possibilita’ di pace, ma solo ed esclusivamente della Guerra imminente – sembra che gli unici coglioni che ci credono ancora, in una soluzione diversa, siamo noi europei. Alla premiazione dei Golden Globe, quel mattacchione di Pedro Almodovar ha vinto (ancora!) e nel suo discorsetto di ringraziamento e’ stato l’unico ad augurarsi la pace – applausi moderati, mai piu’ rivisto in nessun telegiornale, al contrario di Sharon Stone, che ha gigioneggiato con Richard Gere, o di Kim Cattrall (la Samantha di Sex and the City) che ha confessato di aver perso il conto degli uomini con cui e’ dovuta andare a letto per vincere il premio… E allora, che cosa ho fatto io, nel mio piccolo? Oggi ho visitato la sede dell’ONU. Piu’ che turismo, una testimonianza. Le visite guidate portano in giro per le grandi sale – ed e’ stato commovente vedere dove il Consiglio di Sicurezza si riunisce – anche se visitare una sala vuota non ha dato l’impressione di un grande impegno sul pezzo… Una esperienza forte comunque – anche perche’ (sara’ un’impressione?) si coglie davvero l’estraeneita’ (piu’ che la extraterritorialita’) delle Nazioni Unite rispetto a New York. Se Rockfeller Jr. non avesse avuto questa idea balzana di regalare un pezzo inestimabile di terreno a questi rompicoglioni di Caschi Blu… la sede centrale dell’ONU sorgerebbe a Parigi o a Toronto o chissa’ dove.
New York New York
A parte la temperatura, che metterebbe alla prova chiunque (ed io sono gia’ raffreddata, ma vado in giro vestita a cipolla, con il berretto di pelo, I guanti di lana e la sciarpa sul naso), la citta’ mi piace. Ma non per la sua ipermodernita’ (cosa che mi aveva colpito a Seoul), bensi’ per quanto di Art Deco’ emerge ovunque. Le espressioni piu’ eleganti risalgono tutte alla fine del XIX secolo o all’inizio del XX: I fregi del Rockfeller Center, il Chrysler Building, le fontane e le scalinate di Central Park. Posso dire un’eresia? Architettonicamente parlando, con le Twin Towers non si e’ perso granche’. Certo e’ che la skyline da Staten Island e’ stranamente irriconoscibile ora, anche per me che non avevo mai visto NYC prima di oggi. Ma d’altra parte tutto qui e’ familiare per qualche motivo: il Ponte di Brooklyn (per le cicche), Tiffany’s (ma non sono entrata, perche’ prima dei 40 I diamanti fanno cafone), l’Empire State Building (da King Kong a Una strega a New York etc etc etc). Questa e’ una citta’ che impone di essere fotografata, anche se certi aspetti che le guide considerano pittoreschi io li trovo un po’ triti, a causa di una certa somiglianza all’Inghilterra o all’Europa in generale. Il primo giorno ho camminato come una pazza, dal Waldorf Astoria (una vera favola, la mia stanza da bagno un tripudio di marmi e di asciugamani bianchi, il letto una piazza d’armi, quattro guanciali e due cuscini, un fax e un collegamento internet di m…) fino all’Empire State Building (sono salita in cima, per ricordarmi della bora), fino al Greenwich Village, fino a Ground Zero. E’ in apparenza un grande cantiere, se non fosse per I fiori ed I messaggi che sono ancora appesi da un lato. Tutto lo spiazzo e’ soleggiato, sembra tutto normale – poi ci si accorge dei palazzi intorno, ancora coperti da sudari neri – come se Christo si fosse prodotto in un’opera luttuosa per NYC. Molti di quegli edifici sono inagibili e forse non lo saranno mai piu’. Piu’ che notare il vuoto di oggi, si rileva l’imponenza intrusiva di ieri. Le Twin Towers erano semplicemente fuori scala ripetto a tutto il resto di NY, che, liberatasi dei due mostri degli anni ’70, ha ritrovato la sua skyline punteggiata dei gioielli di inizio ‘900. Quello che trovo stranamente commovente, qui, e’ ben altro: sono I pompieri, che passano a sirene spiegate con I loro mezzi rosso e cromo. Li vedi sporgersi dai finestrini per chiedere strada e hanno tutti uno sguardo tristissimo – sono I sopravvissuti di una popolazione decimata. Per la cultura qui butta malissimo. Il Guggenheim era semivuoto ed in allestimento, il MOMA e’ stato trasferito a Queens ed e’ chiuso proprio il martedi’ ed il mercoledi’. Che mi resta? Beh, la citta’ e’ uno spettacolo di per se’: intanto e’ inevitabile notare che qui non e’ mai passata una Guerra – e questo ha consentito non solo la conservazione di tanti edifici Art Deco’, ma anche la stratificazione del lusso e della ricchezza.. Citta’ ricche ne ho viste tante, ma mai con queste concrezioni di estremo benessere, di spreco ostentato. Qui sono passate le generazioni dei Rockfeller, dei Vanderbilt, Trump ha battezzato grattacieli ovunque, le stretch limousines percorrono la 5th Avenue, di boutique in boutique. A Londra non c’e’ la stessa ostentazione, forse la differenza e’ tutta nell’understatement britannico, che io adoro. Qui ci sono atri decorati come gallerie d’arte, che rivaleggiano con I musei. Le stazioni della Subway, invece, sembrano invisibili: vanno scovate e non sempre ti permettono di entrare e di scegliere la direzione: ci sono “ingressi” a senso unico: o Downtown o Uptown. Vero e’ che a NYC non ci si puo’ perdere. Con la numerazione delle Sreets e delle Avenues l’orientamento e cosa banale (come a Genova, finche’ vedi il mare!): gia’ ci si inquieta un po’ per Broadway, cosi’ obliqua, che consente peraltro l’esitenza di follie come il Flatiron – un grattacielo triangolare, come un ferro da stiro, appunto (come il Bitone, per chi lo conosce). Guardarsi attorno e’ comunque un grande piacere: si vedono I sorprendenti pinnacoli gotici di alcuni grattacieli, alcuni sono sottili come aghi, altri come l’ex PAN AM (ora Met Life) destinati a fare da sfondo indistinto ai tetti verderame della Grand Central Station (un tempio delle ferrovie degno di rivaleggiare con la Stazione Centrale di Milano… una delle poche cose belle di laggiu’, assieme al Grattacielo Pirelli… e non ricordo altro.) La Statua della Liberta’? le sono passata davanti due volte, con il traghetto (gratuito, sorprendentemente) per Staten Island. Beh, la Signora in Verde mi pare pesantemente sopravvalutata
Tuesday, 21 January 2003
Dal Waldorf Astoria
veramente avventuroso questo colleamento via tv dalla mia stanza! Ho gia' perso un po' di lavoro, ma ormai sono rassegnata. la tastiera perde le lettere, e' un vero disastro, e me l'hanno pure sostituita. Vorrei fare giusto la cronaca dell'ultima mattina ad Auckland... sole splendido, tutti al porto, e' domenica: turisti, artisti di strada, locali a passeggio. Qundo Alinghi esce al porto, 4 svizzeri in alta uniforme suonano i lunghi corni alpini... un suono struggente, ben diverso dalla disco music che accompagna Oracle. Tifosi svizzeri suonano i campancci, tanto per completare l'immagine bucolica. Il podio per la premiazione e' gia' pronto... manca solo l'utimo risultato. Questo l'ho appreso seduta in aereo.. un ritardo di un'ora e mezzo ha reso la mia connessione a Los Angeles un vero batticuore... a causa della vera paranoia per la sicurezza degli Americani. Ma alla fine tutto e' andato liscio e sono qui a litigare con il collegamento internet del Waldorf Astoria. Certo che mi manca il clima di Auckland... qui siamo sottozero, anche se il cielo e' limpidissimo
New York
Ma questo sarebbe il paese della tecnologia? ma quando mai? un collegamento internet cosi' penoso non l'ho avuto nemmeno in Indonesia, faccio prima un tentativo, prima di mangiarmi il post di una sera...
Friday, 17 January 2003
Ancora Auckland
Giornata lunga ma oziosa, impegnata in passeggiate lungo il mare, in una crocierina di un'ora e mezza e in una visita lampo alla Amerigo Vespucci (il sogno di una vita). Quindi posso dedicarmi a un po' di pensieri sparsi, a qualche riflessione dettata dalle esperienze di questi giorni. Prima di tutto, qui lo standard comunicativo delle persone e' gia' quello solito. Ti saluta qualcuno per strada - piu' spesso quando entri a curiosare in un negozio - ma in generale il clima e' drogato da questa ondata di velamaniaci da tutto il mondo. Quando nel 1995 qui e' stata portata la Coppa per la prima volta, si e' scatenato una specie di effetto Genova/G8: non hanno fatto nascondere i panni stesi ad asciugare, ma hanno drasticamente alterato l'aspetto e la fruibilita' del porto, che fino a quel momento aveva ospitato quattro pescherecci, due barchette da diporto e otto friggitorie di pesce. Via, spazzato via tutto ed hanno costruito la splendida marina che oggi si vede: appartamenti megalusso, hotels, boutiques, posti barca per transatlantici. Come mi raccontava Concetta, quando attracca una nave da crociera, lei non vede piu' fuori dalla finestra di casa sua - se e' fortunata, riesce a parlare con il signore che occupa la cabina con balcone in corrispondenza del suo salotto. Tutto ingigantito, tutto vitaminizzato, grazie all'America's Cup. Come dicevo al capitano della Pride of Auckland - una barchetta a vela che fa il giro della baia - ormai in Nuova Zelanda le ere si misurano in prima e dopo la conquista della Coppa. Sarebbe un disastro se Alinghi se la portasse via - per poi difenderla dove? Nel Lago dei Quattro Cantoni, pensavo io. Dove pagheranno di piu', mi ha ricordato Markus, che essendo svizzero e facendo il revisore a queste cose fa piu' attenzione.
Fuochi di paglia.
Parliamo un po' di un altro luogo comune: le polinesiane. Bene, per me la festa e' finita, qui - tutte queste simil-inglesine biondine e slavatine mi battono certamente a mani basse (era educativo sentire i commenti dei marinai della Vespucci su certe visitatrici...), ma il prodotto indigeno? Tutti hannno in mente il Bounty, il tamure', le collane di fiori. Sapete che Auckland, tecnicamente parlando, e' la piu' grande citta' polinesiana del mondo? Ebbene, quello che Marlon Brando non sapeva, ma che certamente ha scoperto poi - in parte sperimentandolo su se stesso - e' che le popolazioni di ceppo polinesiano tendono geneticamente all'OBESITA'. Ebbene, cari signori, se in Fantasia ci sono gli ippopotami con il tutu', beh, cercate di immaginarli con la gonnellina di paglia, ed eccole qui, queste icone del fascino orientale! (tutto questo e' ovviamente detto per pura cattiveria). Il sovrappeso e' generalizzato e soprattutto smisurato. Saranno gli effetti di una dieta stravolta, fatto sta che l'effetto e' devastante.
Amerigo Vespucci
Due minuti di gloria per la Vespucci: bella da morire, tirata a lucido come uno specchio. Manco a dirlo ho attaccato bottone con uno dei raggazzi, il quale stava disperatamente cercando di tradurre il motto della nave "Non chi comincia ma chi persevera". Ma come, non vi fanno fare i corsi di inglese in Accademia? Eh, bisogna averla fatta, l'Accademia. Mi sono fatta spiegare allora come era composto l'equipaggio in questo momento: 250 persone, ma i cadetti ("i ragazzetti") salgono a bordo solo in estate nel nostro emisfero. Per il resto, come sempre, tutto e' in mano ai sottufficiali. E chi lucida? un po' i marinai di leva e, quando ci sono, i "ragazzetti". Chiunque sia, fa proprioun buon lavoro. Ci hanno messo 6 mesi ad arrivare - 4 di vera navigazione - e il pasticcio piu' grosso l'hanno trovato nel mare delle Baleari... uno si immaginava chissa' che avventure nel Pacifico, e invece... Tanto per rimanere in tema Vespucci, un signore che mi vedeva fotografere le barche mi ha chiesto quale volessi comprare. Ci ho pensato un po' e poi gli ho detto che (in parte) ne avevo gia' una - la piu' bella di tutte. Sono soddisfazioni, si pagheranno le tasse ben per qualcosa...
Televisione
Pubblicita' socialmente utile: la guardia costiera invita i cittadini ai corsi gratuiti di aggiornamento sulla navigazione a vela... si temono gli ingorghi... Moltissima roba importata dall'Inghilterra: persino Coronation Street, che non si trasmette piu' da anni! In generale anche per i film sono un po' indietro - qui devono ancora uscire pellicole che mi sono ampiamente ripassata in aereo venendo fin qui. In compenso ho potuto apprezzare le belle lezioni di cucina di Nigella Lawson, che come mi raccontava Monica, effettivamente ha un modo molto sensuale di proporre le proprie ricette - tanto da essere censurata... E allora parliamo di pubblicita' censurata: le lettrici non possono non ricordare lo spot del profumo Lacoste: bianco e nero, ottima forografia, musica intrigante... e soprattutto un gran pezzo di figliuolo integralmente nudo, che di spalle lascia vedere quanto di meglio un uomo in stato di rilassamento puo' mostrare. Ebbene, la versione neozelandese e' stata "riveduta". Il fustacchione qui indossa un paio di pantaloni bianchi, che molto tolgono al senso della pubblicita': infatti cosa pensera' la misteriosa presenza che al termine dello spot entra dalla porta? Sicuramente questa volta potra' fare giusto qualche apprezzamento sulla qualita' del candeggio, ma la cosa finisce li'.
Coriolis
Ho finalmente fatto (due volte) il test: lavandino pieno e piccoli pezzi di scottex. Ebbene, il vortice inequivocabilmente girava in senso ORARIO. Abbiamo finalmente confermato che il signor Coriolis non contava palle.
Cibo
Non ho molto scritto di cibo, in questo pseudodiario di viaggio. Anche perche' la degustazione non rientrava fra gli obiettivi. In Egitto e a Bali l'obiettivo era di non prendermi qualche accidente, facendomi tentare da qualche cibo di strada. Infatti in entrambi i luoghi con un abbondante colazione e un micro pasto alla sera (leggi biscotti o poco piu') sono stata piu' che bene. La logica adottata e' sempre stata quella di mangiare solo quando sentivo fame. E facendo un esame di coscienza ogni volta, la maggior parte dei casi riconoscevo dei puri capricci o delle curiosita' alimentari facilmente reindirizzabili. Sono certamente calata un paio di chili (forse piu') senza nessuna fatica (sono pure abbronzata, insomma uno schianto - peccato che quando saro' tornata tutto l'effetto sara' svanito). In Egitto devo ricordare la cena con Essam e a casa si Azza - ma non voglio dimenticare anche i Tamiyya (i felafel in egiziano) che il maitre dell'Hilton mi fatto fare "espresso" quando ha notato che ne stavo lasciando uno nel piatto. Lo avevo preso al buffet, ma era freddo e non tanto buono. Non le piace? No, e' buono, forse e' un po' troppo speziato... e il maitre si e' scapicollato a portarmi il cuoco, che me ne ha preparati ben 8 su misura, caldi caldi, stupendi - ne ho mangiati quattro e sono uscita rotolando dal ristorante. Memorabile Hilton. Qui ad Auckland ho voluto provare il vino. Di Waiheke si dice che e' l'isola dei vigneti. In generale in Nuova Zelanda si sta assistendo allo stesso rinascimento enologico che si sta verificando da noi... ma, ahime', la materia prima non e' la stessa! Sono andata ad un ristorante sul porto (un chiodo fisso) e mi sono fatta un pezzo di filetto da 200 grammi, cotto fai-da-te sull'ardesia calda. Ho chiesto del vino per accompagnarlo - Pinot Noir (ho chiesto se era vinificato in rosso, prima di andarci subito su... hai visto mai? dopo il lambrusco bianco bevuto a Londra...) - piu' di 10 dollari (11.000 L. e sblisga) ma veniva dalla provincia di Nelson ed era il migliore della lista. Carne ottima, vino pessimo - alcoolico ma piatto. Diciamo che bere al calice non e' un gran bere, ma francamente per il costo di una pizza mi aspettavo di meglio. Chiusa la parentesi enologica.
Blackout
Con domani alle 16.00 (in Italia saranno le 4.00 del mattino), comincia il blackout per il mio cellulare - niente chiamate, ma ancor peggio niente SMS. Vado in una landa incivile popolata da frequenze aliene e bizzare. Quindi rimane solo l'e-mail (donatella_sono_io@yahoo.it) o... potete farmi avere i messaggi al Waldorf Astoria - ce ne e' solo uno a New York. (come qualcuno mi ha fatto notare, anche aziendalmente la scelta dell'hotel e' corretta... meglio di cosi' poteva esserci solo un Armonk Astoria o un Segrate Astoria) - trovate voi il modo, sarebbe bello trovare vostre notizie nella mia casella di posta laggiu'. Tornero' online con il telefono giusto giusto il giorno del mio compleanno, il 24 alle 7 del mattino, meridiano di Greenwich questa volta. Per il resto la saga di questo sito continua!
Fuochi di paglia.
Parliamo un po' di un altro luogo comune: le polinesiane. Bene, per me la festa e' finita, qui - tutte queste simil-inglesine biondine e slavatine mi battono certamente a mani basse (era educativo sentire i commenti dei marinai della Vespucci su certe visitatrici...), ma il prodotto indigeno? Tutti hannno in mente il Bounty, il tamure', le collane di fiori. Sapete che Auckland, tecnicamente parlando, e' la piu' grande citta' polinesiana del mondo? Ebbene, quello che Marlon Brando non sapeva, ma che certamente ha scoperto poi - in parte sperimentandolo su se stesso - e' che le popolazioni di ceppo polinesiano tendono geneticamente all'OBESITA'. Ebbene, cari signori, se in Fantasia ci sono gli ippopotami con il tutu', beh, cercate di immaginarli con la gonnellina di paglia, ed eccole qui, queste icone del fascino orientale! (tutto questo e' ovviamente detto per pura cattiveria). Il sovrappeso e' generalizzato e soprattutto smisurato. Saranno gli effetti di una dieta stravolta, fatto sta che l'effetto e' devastante.
Amerigo Vespucci
Due minuti di gloria per la Vespucci: bella da morire, tirata a lucido come uno specchio. Manco a dirlo ho attaccato bottone con uno dei raggazzi, il quale stava disperatamente cercando di tradurre il motto della nave "Non chi comincia ma chi persevera". Ma come, non vi fanno fare i corsi di inglese in Accademia? Eh, bisogna averla fatta, l'Accademia. Mi sono fatta spiegare allora come era composto l'equipaggio in questo momento: 250 persone, ma i cadetti ("i ragazzetti") salgono a bordo solo in estate nel nostro emisfero. Per il resto, come sempre, tutto e' in mano ai sottufficiali. E chi lucida? un po' i marinai di leva e, quando ci sono, i "ragazzetti". Chiunque sia, fa proprioun buon lavoro. Ci hanno messo 6 mesi ad arrivare - 4 di vera navigazione - e il pasticcio piu' grosso l'hanno trovato nel mare delle Baleari... uno si immaginava chissa' che avventure nel Pacifico, e invece... Tanto per rimanere in tema Vespucci, un signore che mi vedeva fotografere le barche mi ha chiesto quale volessi comprare. Ci ho pensato un po' e poi gli ho detto che (in parte) ne avevo gia' una - la piu' bella di tutte. Sono soddisfazioni, si pagheranno le tasse ben per qualcosa...
Televisione
Pubblicita' socialmente utile: la guardia costiera invita i cittadini ai corsi gratuiti di aggiornamento sulla navigazione a vela... si temono gli ingorghi... Moltissima roba importata dall'Inghilterra: persino Coronation Street, che non si trasmette piu' da anni! In generale anche per i film sono un po' indietro - qui devono ancora uscire pellicole che mi sono ampiamente ripassata in aereo venendo fin qui. In compenso ho potuto apprezzare le belle lezioni di cucina di Nigella Lawson, che come mi raccontava Monica, effettivamente ha un modo molto sensuale di proporre le proprie ricette - tanto da essere censurata... E allora parliamo di pubblicita' censurata: le lettrici non possono non ricordare lo spot del profumo Lacoste: bianco e nero, ottima forografia, musica intrigante... e soprattutto un gran pezzo di figliuolo integralmente nudo, che di spalle lascia vedere quanto di meglio un uomo in stato di rilassamento puo' mostrare. Ebbene, la versione neozelandese e' stata "riveduta". Il fustacchione qui indossa un paio di pantaloni bianchi, che molto tolgono al senso della pubblicita': infatti cosa pensera' la misteriosa presenza che al termine dello spot entra dalla porta? Sicuramente questa volta potra' fare giusto qualche apprezzamento sulla qualita' del candeggio, ma la cosa finisce li'.
Coriolis
Ho finalmente fatto (due volte) il test: lavandino pieno e piccoli pezzi di scottex. Ebbene, il vortice inequivocabilmente girava in senso ORARIO. Abbiamo finalmente confermato che il signor Coriolis non contava palle.
Cibo
Non ho molto scritto di cibo, in questo pseudodiario di viaggio. Anche perche' la degustazione non rientrava fra gli obiettivi. In Egitto e a Bali l'obiettivo era di non prendermi qualche accidente, facendomi tentare da qualche cibo di strada. Infatti in entrambi i luoghi con un abbondante colazione e un micro pasto alla sera (leggi biscotti o poco piu') sono stata piu' che bene. La logica adottata e' sempre stata quella di mangiare solo quando sentivo fame. E facendo un esame di coscienza ogni volta, la maggior parte dei casi riconoscevo dei puri capricci o delle curiosita' alimentari facilmente reindirizzabili. Sono certamente calata un paio di chili (forse piu') senza nessuna fatica (sono pure abbronzata, insomma uno schianto - peccato che quando saro' tornata tutto l'effetto sara' svanito). In Egitto devo ricordare la cena con Essam e a casa si Azza - ma non voglio dimenticare anche i Tamiyya (i felafel in egiziano) che il maitre dell'Hilton mi fatto fare "espresso" quando ha notato che ne stavo lasciando uno nel piatto. Lo avevo preso al buffet, ma era freddo e non tanto buono. Non le piace? No, e' buono, forse e' un po' troppo speziato... e il maitre si e' scapicollato a portarmi il cuoco, che me ne ha preparati ben 8 su misura, caldi caldi, stupendi - ne ho mangiati quattro e sono uscita rotolando dal ristorante. Memorabile Hilton. Qui ad Auckland ho voluto provare il vino. Di Waiheke si dice che e' l'isola dei vigneti. In generale in Nuova Zelanda si sta assistendo allo stesso rinascimento enologico che si sta verificando da noi... ma, ahime', la materia prima non e' la stessa! Sono andata ad un ristorante sul porto (un chiodo fisso) e mi sono fatta un pezzo di filetto da 200 grammi, cotto fai-da-te sull'ardesia calda. Ho chiesto del vino per accompagnarlo - Pinot Noir (ho chiesto se era vinificato in rosso, prima di andarci subito su... hai visto mai? dopo il lambrusco bianco bevuto a Londra...) - piu' di 10 dollari (11.000 L. e sblisga) ma veniva dalla provincia di Nelson ed era il migliore della lista. Carne ottima, vino pessimo - alcoolico ma piatto. Diciamo che bere al calice non e' un gran bere, ma francamente per il costo di una pizza mi aspettavo di meglio. Chiusa la parentesi enologica.
Blackout
Con domani alle 16.00 (in Italia saranno le 4.00 del mattino), comincia il blackout per il mio cellulare - niente chiamate, ma ancor peggio niente SMS. Vado in una landa incivile popolata da frequenze aliene e bizzare. Quindi rimane solo l'e-mail (donatella_sono_io@yahoo.it) o... potete farmi avere i messaggi al Waldorf Astoria - ce ne e' solo uno a New York. (come qualcuno mi ha fatto notare, anche aziendalmente la scelta dell'hotel e' corretta... meglio di cosi' poteva esserci solo un Armonk Astoria o un Segrate Astoria) - trovate voi il modo, sarebbe bello trovare vostre notizie nella mia casella di posta laggiu'. Tornero' online con il telefono giusto giusto il giorno del mio compleanno, il 24 alle 7 del mattino, meridiano di Greenwich questa volta. Per il resto la saga di questo sito continua!
Mare e Zerinol
Una freddolosa come me si e' presa un mezzo accidente e sta andando avanti a Zerinol da due giorni - ma siamo sempre qui, in piedi, immarcescibili come sempre! La giornata a Waiheke e' stata di puro relax - ho preso il traghetto, quindi una volta sull'isola un bus e sono arrivata nella spiaggia piu' lontana: Onetangi. Spiaggione infinito pressocche' deserto - ma brezzolina fresca che mi ha messo subito di sospetto. Avendo passato la notte precedente con i brividi e il pastiglione, era il minimo. Cio' nonostante ho eretto una barriera con le mie borse e me ne sono stata a prendere il sole per citrca quattro ore. Nonostante la crema abbronzante fattore 20 sono riuscita lo stesso ad ustionarmi la caviglia sinistra - evidentemente lasciata scoperta dalla protezione (un po' la storia di Achille o di Sigurd...). Mi brucia ancora come se l'avessi esposta alla fiamma viva. Sara' il buco nell'ozono, che qui si dice sia piu' ampio, a causa dei gas intestinali delle pecore (sul serio, non sto scherzando) Waiheke e' l'isola preferita dagli abitanti di Auckland - molti ci vanno in vacanza, molti ci si ritirano in pensione. Le coste sono cosi' frastagliate che il mare appare talvolta da un lato, talvolta dall'altro, facendoti un po' perdere l'orientamento - la strada asseconda i su e giu' dei coni vulcanici di cui e' formata l'isola - alla fine della corsa un po' di mal di mare e' comprensibile... E' certamente un'isola tranquilla: ad Oneroa, il centro piu' grande, se cosi' si puo dire, niente ricorda una localita' mondana - d'altra parte qui il massimo della vita sono le casette di legno con il portico e i flower pots appesi davanti alla porta d'ingresso. I neozelandesi si arrampicano e si buttano dappertutto - ad Auckland si puo' salire sull'Harbour Bridge e percorrerlo SOPRA le automobili. Si possono raggiungere i 270 metri della Sky Tower dall'INTERNO dell'ultimo pilone d'acciaio, tutti imbragati e con tanto di guida. Si puo' fare rafting nell'oceano, oltre che in ogni fiume disponibile... insomma, nati per l'azione! Oggi, non ancora del tutto guarita, ho deciso di prendermela comoda: ho fatto un abbonamento giornaliero e mi sono spostata in bus. Ho visitato il Museo di Auckland - reperti maori, anche di dimensioni ragguardevoli: interi edifici, canoe da guerra, ornamenti abiti, imbarcazioni a vela. Rimane impressionante per me la sezione dedicata alla seconda guerra mondiale. Sara' perche' anche gli inglesi sono ossessionati allo stesso modo da quel periodo, sara' perche' io appartengo a questa mezza generazione e della guerra ho sempre sentito parlare da mia madre e da mio padre (che mi raccontava le sue imprese belliche per farmi addormentare... ma si addormentava lui...), insomma, rimango sempre impressionata - anche perche' il museo e' un monumento alla memoria dei caduti neozelandesi e fa impressione vedere nell'elenco delle battaglie la conquista della linea dell'Idice - poco piu' che un torrrente vicino a Bologna. E nel cimitero degli Inglesi vicino a casa mia ci sono anche neozelandesi sepolti... Tanto per tirarmi su di tono, sono tornata nel cuore pulsante della Auckland di oggi: Viaduct Harbour, il villaggio dell'America's cup. Mi sono passata in rassegna tutte le "basi" degli sfidanti e di TNZ - tutti con il loro spaccetto di merchandise... Tutti tranne Prada, che non vende nulla a nessuno: non una maglietta, non un portachiavi... dei veri signori, direi... e comunque issano la bandiera piu' grande del porto e vedere un cosi' bel tricolore fa sempre bene a chi e' lontano da casa (certe botte patriottiche le possono indurre solo i bersaglieri, di solito...) La base di Alinghi e' ben di piu': ci sono giochi (del tipo: misura-quanto-sei-bravo-ad-issare-lo-spinnaker) e schermi giganti e pannelli informativi... grande dispendio senz'altro (il sig. Bertarelli, il capo del "sindacato", come si chiama qui la squadra, e' il proprietario della Serono, per chi e' interessato al business), oltre che un bel negozio che vende i vari parafernalia. Ho fatto ovviamente spese - e la gentile signora che mi chiesto se quello che avevo provato andava bene mi ha domandato da dove venissi. Dall"Italia. Italiana 100%? Si' . Anche io. E cosa fai qui in mezzo agli svizzeri? Ne ho sposato uno che si e' trasferito qui per lavoro... rapide chiacchiere e poi ci siamo salutate. Ero gia' abbastanza a pezzi, ma ho fatto lo stesso una scappata a Devonport. Sobborgo di Auckland, e' adagiato sulla costa a nord e per arrivarci si deve prendere il traghetto. Il luogo e' incantevole: una bella passeggiata lungomare, casette edoardiane, grandi ciuffi di ortensie ed una panorama stupendo ad ogni svolta della via. Questo golfo e' veramente ricco di prospettive, non ci stancherebbe mai di guardarsi attorno. La passeggiata a Devonport dura poco piu' di un'ora ed e' tempo di passare di nuovo in hotel. Un breve riposo e poi fuori di nuovo: stasera voglio farmi un birrino al Loaded Hog, il pub che si trova giusto sulla marina. Prendo il mio bus, arrivo, pago la mia mezza pinta, giro lo sguardo e chi ti incontro? la fanciulla dello spaccio di Alinghi. Concetta, figlia di una siciliana e di un potentino conosciutisi in Svizzera, e' la moglie di Markus, che stava bevendo qualcosa insieme a lei, Markus lavora per PriceWaterhouseCoopers (guarda come e' piccolo il mondo), fa il revisore e con Concetta abita accanto all'Hilton di Auckland, proprio sul Prince's Wharf. Ci siamo raccontati un po' di cose, abbiamo bevuto un altro drink, ci siamo fatti qualche foto e poi ci siamo salutati... quando fra sei mesi torneranno a San Gallo (dopo due anni di permanenza in Nuova Zelanda) perche' non provare a rivederci? Come mi ha raccontato Concetta (e sono felice che lo abbia fatto) qui ad Auckland non e' sempre domenica: in tempi non di regate l'ambientino e' piuttosto smorto, i neozelandesi soprattutto i piu' giovani si ubriacano il venerdi' e il sabato sera, quando piove e' un disastro. Markus mi diceva che l'atteggiamento rilassato anche nel business non sempre gioca a favore - certi clienti ci marciano un po' Insomma, Concetta e Markus torneranno a San Gallo e saranno contenti di farlo. E' utile avere questo tipo di confronto, quando si vede tutto con occhi stellati... E tanto per la cronaca, Alinghi ha vinto ancora su Oracle - adesso sono 4 a 1 e se tutto va bene domenica la Louis Vuitton Cup potrebbe essere terminata... se Alinghi ne vince un'altra... Domani pomeriggio - navigazione nel porto con the e pasticcini sulla Pride of Auckland e domattina, se ce la faccio, visita all'Amerigo Vespucci.... vediamo a che ora comincia la fila...
Wednesday, 15 January 2003
Auckland
Eccomi qui agli antipodi, sperando che il collegamento tenga... finalmente una bella postazione in hotel, ma senza costi terrificanti come a Bali. Vado con ordine Parto da Singapore e mi trovo come compagno di viaggio un medico ayurvedico di ritorno dall'India - di Auckland, potrebbe essere un bel contatto, ma ahime', non c'e' un grande feeling: non era granche' espansivo e cosi' dopo poche parole ci siamo persi al recupero bagagli. Poco Male. Arrivo in hotel scodellata da una sorta di taxi collettivo. tutto liscio come l'olio: il sole splende, l'hotel non e' una favola (direi che e' il peggiore finora - sempre con due letti... questo per tutti coloro che non hanno voluto prendermi sul serio riguardo a metterci solo i voli...), ma e' dignitoso. Parto alla esplorazione di Auckland, calando verso il porto. Auckland mi e' stranamente familiare ed al tempo stesso aliena: cio' e' dovuto all'aspetto che talvolta ricorda Londra (ma le palme ad Hyde Park non ci stanno proprio benissimo), talvolta una citta' di mare diciamo... di lusso. Arrivando alla marina mi beo della vista dei grattacieli: quello di HP, quello di PriceWaterhouseCoopers, quello di Oracle, il palazzo di Deloitte... per fortuna oggi ho trovato ache la sede IBM, cominciavo a sentirmi frustrata. Qualcuno faccia sapere a Mario Lavizzari che il palazzo dell'Elsag non l'ho proprio visto, peccato. La Sky Tower (piu' di 300 metri) mi guardava da lassu'... ma quella e' un'altra storia. Il primo impatto con il porto e' da favola - gli yacths sono tantissimi ed lussuosissimi - un bellissimo Philanderer con bamdiera di George Town (sapete dov'e' George Town: mica in Nuova Zelanda, sta alle isole Cayman... devono essere tutti dei grandi appassionati di vela alle Isole Cayman, dato che gli abitanti si sono tutti trasferiti qui...) attracca DI POPPA (sara' stato lungo una volta e mezzo una barca da regata - se sono 90 piedi.. era 135, ma convertite voi...) con tender e tutto senza il minimo sforzo, si apre come una portaerei - i mariani tutti belli tutti abbronzati... e i passeggeri parlano inequivocabilmente romanesco... Mi passo per primo il museo maritttimo - si trova proprio sul porto - e nel fare cio'... vedo la Amerigo Vespucci in tutto il suo splendore! nel museo sono esposte le canoe dei maori fino ai motori fuoribordo degli anni 50: ci sono enormi modelli di navi che riproducono i piroscafi dei tempi dell'immigrazione, addirittura e' ricostruita una cabina della prima epoca: compreso il rollio ed il sinistro cigolio del fasciame. I neozelandesi, come tutti i popoli senza storia, sono dannatamente nostalgici: nel museo e' riprodotto anche un "bach", una sorta di bungalow molto spartano che costituiva la seconda casa sulla spiaggia di molti abitanti di Auckland - tavolo di formica, frigorifero bombato e radio a valvole inclusi. Mi affaccio ad una delle finestre del museo e cosa vedo: Adriatica! ebbene si', ormeggiata qui, probabilmente aspetta di tornare indietro con una seconda serie di Velisti per caso...e' stato un po' come ritrovare un parente in un luogo lontano. Qui si vive di pane e America's Cup - Team New Zealand (TNZ per gli amici) e' il coccolo della nazione, molto di piu' che la Nazionale di calcio da noi: qui in quanto a nazionalismo non scherzano niente - si vedono certe pubblicita' di persone vestite di nero che marciano insieme... A parte le immagini reminescenti di altre ben piu' inquietanti, il movimento che era stato creato per sostenere TNZ contro i "traditori" passati agli svizzeri (leggi lo skipper Russell Coutts) e' stato sciolto: si chiamava Blackhearts (motto: Country against Money) e erischiava di esasperare un po' lo spirito della Coppa. Qui i risultati delle finali fra Alinghi e Oracle sono appesi ovunque - e per chi non lo sapesse oggi Alinghi si e' portata sul 3 a 0. La Louis Vuitton Cup (come si chiama questa fase) e' ovunque - impossibile sfuggire... devo ammettere di aver guardato la regata oggi pomeriggio (rimandata dal matttino per assenza di vento) - ma gallina beccami se ci capisco qualcosa - ma tutta sta tattica dov'e'? Ho pure fatto la replica con il Virtual Spectator dentro al pub sulla marina - ma piu' che provare la birra locale non ho fatto... insomma, io sulle barche preferisco fare la zavorra. Stamattina ho provato l'ebbrezza della torre - ci si puo' anche fare bungee Jumping, se volete - mi son0o vista passare davanti una tipa piu' o meno verso i duecento metri... ma la torre e' straordinaria per la vista che offre sulla baia. QUESTO POSTO E' UNA FAVOLA! e dall'alto ho visto la Vespucci rimorchiata fuori dal porto allontanarsi e spiegare le vele, ho visto le due Alinghi uscire per la regata... in un paesaggio di isole, coni vulcanici, parchi, marine...SONO INNAMORATA! ho raccattato giusto un depliant di una societa' che fa consulenza a chi vuole immigrare... e comunque l'IBM qui c'e'! E la SAP sponsorizza Team New Zealand (un signore oggi mi e' stato molto grato quando gli ho spiegato che accidenti fosse quella sigla sulle vele...). Il clima e' fresco - la vera estate e' a febbraio - ma una freddolosa come me va in giro traquillamente in pantaloncini. Domani prendo il traghetto e vado sull'isoletta di Waiheke... che ci scappi una nuotata?
Monday, 13 January 2003
Aeroporto di Singapore
Ecco qui l’aeroporto di Singapore – ho preso un paio di ore di collegamento, tanto devo aspettare fino alle 20,30 e purtroppo il tour organizzato della citta’ era gia’ completo. Mi piace questo posto. Come la mia amica Costanza, mi entusiasmano I luoghi che non dormono mai e qui non esiste ora per I pasti, per il sonno, per partire o per arrivare. Tutto a ciclo continuo, in una eterna primavera di orchidee e piante verdi. Il Pc e’ Samsung e devo dire che e’ una scheggia in confronto alla lentezza penosa ed incerta dei collegamenti di Bali. Quando avro’ finito, andro’ a massacrare il mio conto ancora un po’ cercando la macchina fotografica digitale. So che molti si domandano MA NELL”EMISFERO SUD L”EFFETTO CORIOLIS, ALLORA, DA CHE PARTE FA GIRARE IL VORTICE DEL LAVANDINO? Cari Riccardo, Cinzia, Nicola e Chiara, che vi siete posti il dubbio amletico, sappiate che io il test l’ho fatto – a Bali al primo tentativo inequivocabilmente il vortice girava in senso ANTIORARIO. Ho cercato di ripetere il test, ma con risultati indecifrabili. Lo scarico mandava bolle, insomma, non potrei scommetterci ancora. Faro’ la controprova ad Auckland domani. Ma voi tutti, intanto, fate una verifica seria su cosa succede nell’emisfero nord. Bilancio ad oggi: Egitto batte Bali per la gente (Azza mi scrive tutti I giorni, sapete?) – a Bali potrei anche tornare, ma certamente mi organizzerei diversamente – dato che laggiu’ come ti muovi paghi, conterei di piu’ sui miei contatti locali – che adesso ho – anzi, Suki, l’uomo dell’agenzia, mi mandera’ tutti I suoi dati perche’ io possa fargli un po’ di pubblicita’. E comunque, se tornassi, farei un contratto con un certro massaggi e TUTTI I GIORNI mi farei mettere le mani addosso da queste maghe balinesi. Non sempre Lulur, ma esistono anche varianti meno radicali… E domani la Citta’ delle Vele! Il museo di storia marittima, la marina, il giro della baia… Nicola, non sei ancora svenuto? Velisti nerboruti ovunque! (questo, Nicola, so che ti entusisma di meno).
Morita-san
E’ proprio vero che sono le persone a fare I luoghi e non viceversa. Il mio soggiorno a Bali si e’ chiuso trionfalmente grazie al signor Morita. Bella casa in stile balinese con giardino curatissimo, due domestiche ventenni residenti - Mr. M. passa la giornata andandosene in giro sui rollerblade (se li e’ messi per fare le foto con me – cosi’ sembro piu’ alto, mi ha detto). Torna dalla famiglia in Giappone una settimana ogni due mesi - dice che fa bene al matrimonio. La signora M. e’ una campionessa di softball e come I suoi figli non ama I paesi con troppi insetti e troppi gechi – quindi se resta a casa e continua a praticare softball pallavolo e golf. Abbiamo fatto mille fotografie. Poi Mr. M. mi ha accompagnato dal cambiavalute di fiducia e per un giro di Kuta. Ed eccola qui questa strana coppia, che parla giapponese come riesce, a spasso per il mercatino di Sanur e fra I souvenir dozzinali di Kuta: l’ometto giapponese di 1,58, in pantaloncini e ciabatte infradito, secco secco, che tutti conoscono e salutano… e la stangona italiana, rossa come un gambero per il sole della mattina. A Kuta ritrovo la Rimini del Sud Pacifico – non posso fare altro che congratularmi con chi fa tutti questi km dall’Italia per trovare esattamente lo struscio della Romagna. Un automobilista con I baffoni, mi si affianca nella coda e suona il claxon – da dove vieni? Dall’Italia. Le donne italiane sono molto belle – e prosegue. Ecco qua: mentre I nostri maschi latini prediligono le piccoline compatte, forse piu’ maneggevoli, che danno loro un senso di sicurezza e superiorita’, qui agli antipodi, quelle alte come me sono merce rara: qui sono io la bella straniera, e’ davvero un successo senza compromessi. Che I bassetti abbiano piu’ coraggio?
Viktor e Viktoria
I miei vicini di sdraio – certamente zio e nipote. Lei ventenne biondina formosetta con lo sguardo furbo. Lo zio di tutte le Russie, gravido di tre gemelli, intorno ai 50, Rolexone, catenone. Da dove venite? Dalla Russia. Da quale parte della Russia? Mosca (e me lo dice come se non potesse esserci un altro luogo in Russia da cui venire). Business man, ogni tanto capita a Voghera. Simpatico, ma con qualcosa di inquietante. – comunque tanto affettuoso con la nipotina. Zii cosi’ non se ne vedono tanti…
Pannicelli caldi per l’anima e televisione
Pannicelli caldi per l’anima
Wayan, bagnino balinese ventiseienne. Da dove vieni? Dall’ Italia. Da dove in Italia? Milano (taglio corto) Ah, grande squadra di calcio! Quanti anni hai? 39. A Bali un uomo di 26 e una donna di 39 sono ok. Interessante. Mi piacciono le donne italiane, a 39 sono belle come a 20 (capito bene? Evidentemente le balinesi decadono come I metalli pesanti). Sei single? Si’. Bene, non e’ bello quando arriva il marito e ti picchia nel sonno. Massaggiatrice balinese, mentre ti sta cospargendo di yogurth: “ Ah, good body, beautiful!” – mi e’ piaciuto il tono: lo stesso che ha lo stalliere nel rivolgersi al cavallo mentre lo striglia.
Televisione
Ogni notte piove a catinelle – e allora si guarda la televisione. Pubblicita’ di shampoo e di dadi da brodo. Giochini a premi con telefonate. Serate country con indonesiani vestiti da cow boys Carrellate documentatissime sul campionato di calcio italiano di serie A. Talk shows e sit coms divertentissime, a giudicare dalle risate. Boxe con commenti in cinese. Preview di films che non vedro’ mai (ma anche I trailer di The matrix – Reloaded) Telegiornali in francese e tedesco. Filmoni di Bolywood e sceneggiati che mettono in scena il Mahabharata.
Wayan, bagnino balinese ventiseienne. Da dove vieni? Dall’ Italia. Da dove in Italia? Milano (taglio corto) Ah, grande squadra di calcio! Quanti anni hai? 39. A Bali un uomo di 26 e una donna di 39 sono ok. Interessante. Mi piacciono le donne italiane, a 39 sono belle come a 20 (capito bene? Evidentemente le balinesi decadono come I metalli pesanti). Sei single? Si’. Bene, non e’ bello quando arriva il marito e ti picchia nel sonno. Massaggiatrice balinese, mentre ti sta cospargendo di yogurth: “ Ah, good body, beautiful!” – mi e’ piaciuto il tono: lo stesso che ha lo stalliere nel rivolgersi al cavallo mentre lo striglia.
Televisione
Ogni notte piove a catinelle – e allora si guarda la televisione. Pubblicita’ di shampoo e di dadi da brodo. Giochini a premi con telefonate. Serate country con indonesiani vestiti da cow boys Carrellate documentatissime sul campionato di calcio italiano di serie A. Talk shows e sit coms divertentissime, a giudicare dalle risate. Boxe con commenti in cinese. Preview di films che non vedro’ mai (ma anche I trailer di The matrix – Reloaded) Telegiornali in francese e tedesco. Filmoni di Bolywood e sceneggiati che mettono in scena il Mahabharata.
Lulur
Attenzione – quanto segue ha contenuti forti che potrebbero turbare chi ha scelto una vita di ascesi. Tutti conoscono l’idiota barzelletta dell’esploratore catturato dai cannibali. Viene messo di fronte alla scelta fra la morte e una incomprensibile alternativa (chiamiamola Lulur). Temendo un fato peggiore della morte l’esploratore sceglie di essere sgozzato. Il capo cannibile ammirando il suo coraggio lo guarda con approvazione e sentenzia. “E sia – avrai la morte – ma prima… Lulur!” Con questa storiella in mente ho deciso di provare il Lulur giavanese. Un trattamento tradizionale di bellezza e rilassamento. Sono entrata nelle terme dell’hotel: un piccolo giardino, un portale scolpito di pietra, una grande statua di Ganesh. Mi conducono in una piccola stanza dall’aspetto rustico – pavimento di pietra, un lettino, una doccia, una vasca in un angolo. Mi spoglio e mi sdraio a pancia in giu’, accomodando il viso nell’apposita apertura. E cosi’ aspetto, contemplando il pavimento. Quando la gentile signora comincia a pizzicottarmi I fianchi, penso che forse non e’ stata una buona idea. Mi preparo a soffrire. I pizzicotti continuano, su e giu’ per la schiena. Ma quando finalmente la signora comincia ad attingere ad uno dei suoi prodigiosi unguenti, ah, inizia il paradiso! Forte e veloce, la massaggiatrice mi lavora la schiena con un’energia deliziosa, quindi le spalle e le braccia. Mi sento un po’ sciocca a sorridere al pavimento, ma non posso farne a meno – e’ fantastico! Quindi la gamba: la pianta del piede, poi dito per dito, il polpaccio, la coscia – la natica: un’apoteosi! Non sono mai stata cosi’ contenta di aver due gambe, per il gusto di sentire la massaggiatrice cominciare con l’altra. Dopo il recto, il verso: il collo , il seno, la pancia - con grande delicatezza, via discendendo. Infine le mani: il palmo, poi dito per dito. Un’ora di pura estasi… la morale da trarre potrebbe anche essere: : E’ il lubrificante che fa la differenza” – nei massaggi come in tanti altri aspetti della vita. Quindi la gentile signora mi cosparge di una poltiglia giallo-curcuma: acqua tiepida in cui sono disciolti (ma non troppo) aromi e farine vegetali. Dopo avermi trasformato in Eldorado, mi lascia ad asciugare per una decina di minuti. Quindi con un vigoroso massaggio rimuove lo strato dorato rappreso… e con esso un dito della mia pelle! L’avete mai fatto con una raspa da legno? Di fatto il Lulur richiede un po’ di stoicismo, ma il meglio deve seguire… una bella doccia calda, quindi la signora mi cosparge di… yogurth! Una sensazione indescrivibile! Ah, un grandissimo viaggio! Dopo una seconda doccia, mi attende una vasca colma di acqua calda e petali di fiori… mentre sono in ammollo converso con la massaggiatrice. Da dove vieni? Dall’Italia. Sei sposata? (se gli rispondi di essere single gli hai gia’ massacrato meta’ della conversazione) No. hai fratelli? Tutta la genealogia segue. Mi fa poi bere un oscuro infuso aromatico. Mi aiuta ad asciugarmi, mi rivesto, mi accompagna all’uscita. Due ore indimenticabili.
Da Singapore su Bali
In parte riconciliata con Bali grazie allo stupendo sito di Uluwatu (tempio insignificante, posizione mozzafiato) cerco di rimettere insieme, dall’aeroporto di Singapore, quanto ho perso. Mercanteggiare Ma quanto accidenti ho speso! Piango come il coccodrillo, ma davvero questo modo di trattare sul prezzo io lo odio proprio. Dimmi quanto cazzo costa, se mi va bene lo compro e finita li’. Passare tanto tempo a parlare di denaro e’ insopportabilmente volgare, eppur in Oriente rifiutarsi di trattare e’ impossibile. I prezzi sono talmente gonfiati da essere incomprensibili e per giunta il commerciante si sentirebbe offeso addirittura se non si accettasse la trattativa e si tagliasse corto. Mi manca Azza, una vera campionessa: prima regola, non mostrare troppo interesse. Quindi affermare di aver visto lo stesso articolo ad un prezzo piu’ basso soltanto una strada piu’ indietro. Se il negoziante tentenna e tiene duro, negare il contatto visivo e cominciare ad allontanarsi. Di solito il negoziante corre dietro e accetta l’offerta. Tecnica impeccabile quella di Azza, bravissima anche nelle smorfiette di disgusto con le quali si allontana… no, tutto questo per me e’ troppo odioso e quindi piango. Bali and Co La giornata e’ stata all’insegna delle mete classiche. Made continua a scarrozzarmi in giro gentilmente, di tanto in tanto mi propone qualcosa ma senza insistere. Oggi danze tradizionali balinesi. Uhm. Panorama sulla caldera di uno dei vulcani dell’isola. Uhm. Tempio con fonte sacra. Uhm. Made forse fatica a capire perche’ mi entusiasmano di piu’ le risaie a perdita d’occhio, il riso disteso ad asciugare lungo le strade, le gabbie con i galli da combattimento, i villaggi dove si producono mobili o statue, ma non si vende ai turisti direttamente. Nel tempio della fonte sacra ho realizzato che i templi balinesi sono tutti con uso di cucina. Quello che vi si celebra, infatti, piu’ ancora che una divinita’, e’ la comunita’. Nel tempio del villaggio ogni casta si ritrova: si prega, si portano offerte, si suona, si danza, si cucina e si mangia. Ingegneri e invidia NEL TEMPIO HO CONOSCIUTO UN INDIANO, UN DISTINTO SIGNORE CON I BAFFI CUI STAVO IMPALLANDO LA TELECAMERA, INTENTA COME ERO A FARE ABLUZIONI PURIFICATRICI CON L’ACQUA DELLA FONTE. Quando gli sono passata accanto lasciandogli libera la visuale mi ha chiesto se avevo espresso un desiderio. No, nessun desiderio, perche’, dovrei? Da dove viene? Dall’Italia, e lei? Dall’India. Da quale parte dell’India? Dal nord, vicino al Kashmir. Sono stata in Rajasthan due anni fa. E’ andata a Jaipur? Si’. Con che mezzo? In treno. Allora non ha percorso la strada che ho costruito io. Ingegnere? Si’. Anche io. Quale ramo? Elettronico. Ma ora casalinga. Ma neanche per sogno. Sposata? No. Io sono sposato. Mi ha stretto la mano e ha continuato le sue riprese. Fine della conversazione. Il modo con cui mi ha detto di essere sposato mi e’ rimasto indecifraile: rimpianto per esserlo? Tristezza perche’ io non lo sono? O invidia per lo stesso motivo? Non lo sapro’ mai. Parliamo di invida, che sento turbinare intorno a me in vortici irrequieti. Molti dei voi mi hanno espresso invidia per questo viaggio: ma ci avete pensato bene? Io sono qui, nella mia squallida solitudine, mentre il sole splende sulle interminabili spiaggie dorate di Bali, rendendomi inutile e pensando alle prossime mete, voi , intanto, nell’algido lucore della neve conquistate metro per metro la coda verso l’ufficio, dove vi renderete insostituibili per la vostra azienda, lavorando indefessamente dalle 8 alle 12 ore. Poi, stanchi ma certi di aver contribuito alla prosperita’ della nazione, tornate a casa dove vi attende l’accorta sollecitudine di vostra moglie/ marito, la gioiosa confusione creata dai vostri frugoletti, il conforto del desco famigliare dove gusterete gli usati sapori. Come potete avere dei dubbi? Sono sicura che saprete apprezzare quelli che sono I veri valori…
Saturday, 11 January 2003
Tragedie tecniche...
Una tragedia Ho appena perso un'ora e mezzo di post: avevo descritto il mercanteggiare, il Lulur, i pannicelli caldi per lo spirito, la televisione.... Mi spiace, per oggi la delusione e' troppo forte.... Ci sentiamo dalla Nuova Zelanda
Wednesday, 8 January 2003
Ancora Bali
Ho trovato un internet cafe' che costa un terzo dell'hotel e quindi proseguo - "raccontare il viaggio" e "raccontarmi in viaggio" sono parte dell'esperienza, quindi a costo di rinunciare ai souvenirs, continuero' ad investire in racconti. Restituendomi i biglietti aerei che aveva appena confermato per me, Essam mi ha chiesto se mi divertissi, a girare il mondo cosi', da sola. Non ho potuto rispondergli con molta sicurezza, avendo appena avviato il mio giro, ma ora sento di poter affermare che, si', mi diverto, e tanto. Innanzitutto osservare il mondo e' sempre un piacere per me - il fatto di essere da sola e' francamente un aspetto che colpisce piu' gli altri - io non mi sento affatto sola, anzi, il fatto di andarmene in giro cosi' mi consente di conoscere altri, che altrimenti, pur con tutte le migliori intenzioni, se ne starebbero alla larga. Mi trovo spesso ad osservare in questi giorni le coppie di occidentali che alloggiano negli stessi alberghi... piu' che coppie sono monadi - chiuse persino ad uno sguardo, ad una parola di piu' da scambiare con i camerieri o con i passanti. Tutte cosi' impegnati a difendere i propri spazi, si leggono la Lonely Planet e non rispondono nemmeno con un sorriso a chi semplicemente augura loro una buona giornata. Abbiamo perso l'abitudine alle gentilezze senza secondi fini - che, credetemi, esistono anche in questi paesi drogati di turismo, in cui lo straniero e' solo un pollo da spennare. Vero e' che nella Rimini degli anni sessanta, prima che le discoteche alla moda esistessero (c'erano le balere) e prima che addirittura si permettessero di selezionare i clienti, la sensibilita', pur con espressioni diverse, doveva essere la stessa. E allora parliamo di Bali, di questa gabbia dorata, dove domina il gusto per la decorazione a tutti i costi! Persino i distributori di benzina sembrano templi, qui... Nusa Dua, dove si trova il mio hotel, e' praticamente un ghetto di lusso: solo resort circondati da bellissimi parchi - palme, bambu' e alberi di albizzie julibrissin dai fiori color del fuoco, farfalle ovunque... Il primo giorno l'ho passato nell'ozio piu' completo - ebbene si', mi sono anche un po' bruciata camminando lungo la spiaggia... mentre voi eravate a mezza gamba nella neve o con la bora a 120 km/h. I vucumpra' esistono notoriamente anche a Bali... hanno casacche dello stesso colore e sono numerati, tanto per poter essere tenuti sotto controllo. Sono molto discreti per i nostri standard ed oltre alle solite paccottiglie vendono noci di cocco da bere, sarong e massaggi. L'hotel e' pieno di russi e lituani - belle cavallone bionde e sollevatori di peso dalla testa rasata. Ma siamo lungi dall'avere il pienone, quindi la quiete regna sovrana. Le stanze si affacciano su terrazzi (un hotel di ringhiera, per dirla alla milanese) ed ogni terrazzo si affaccia su un giardino - potos, poliscie ed ibischi sono rigogliosi ovunque, le fontane gorgogliano, le tortore tubano. I cestini della spazzatura? orci di terracotta pieni di sabbia sulla quale gli uomini delle pulizie tracciano segni bene auguranti. Aaaargh! Ma quanto troppo bello e' questo posto? mi mette a disagio! Nel parco dell'hotel sono disseminate statue di pietra che l'umidita' rende vetuste - piove a dirotto tutte le notti. Le statue piu' sacre (a Bali tutto e' sacro e la gente passa gran parte del proprio tempo facendo offerte di piccoli vassoi ricolmi di fiori dolcetti ed incenso) sono adornate di tessuti a grandi scacchi bianchi e neri o bianchi e blu - farebbero la felicita' della Sora Mara (garbata gestrice di una trattoria di Porano, vicino ad Orvieto), infatti tutto sembra coperto di tovaglie da osteria dei castelli romani, ma in realta' l'alternarsi dei colori rimanda all'alternanza fra il bene e il male che alla fine dei guai riporta all'armonia del cosmo. A proposito di armonia, qui sono ancora tutti scioccati dalla bomba di Kuta - non se l'aspettavano davvero. Oggi il signor Made (l'autista preferito del signor Morita) mi sta portando a spasso. Prima tappa, la foresta delle scimmie sacre (pure loro). Orbene, per quanto qualcuno che aveva molto nascondere una volta mi dicesse che gli ricordavo una scimmia, per la mia curiosita', in realta' io non nutro alcuna simpatia per queste bestiole (il mio animale totem e' evidentemente il gatto). D'altra parte lo spettacolo dato dai turisti russi assaliti dai macachi e' stato impagabile. I cartelli in inglese dicevano chiaramente di stare attenti nel dare il cibo alle scimmie, ma evidentemente l'inglese non e' ancora molto diffuso nell'est europeo... matrone ex-sovietiche urlavano come bertucce cercando di torgliersi di dosso i graziosi animaletti, i quali con pervicacia pretendevano di avere non solo la mezza banana di acconto, ma anche il saldo che le sventurate si ostinavano a tenere in mano. Un balinese che ha attaccato discorso con me non ha potuto fare a meno di notare quanto le signore russe suonassero come scimmie a loro volta. Made mi ha portato a vedere un tempio un po' sopravvalutato (grande gancio), le risaie a terrazza... ma ovunque Bali sembra il supermercato del "carino" - in ogni strada qualcuno produce e vende sculture in legno o in pietra, batik, animali scolpiti, dipinti tradizionali... tutto da portare a casa... ma la vita vera dov'e'? Molto meglio i villaggi con le piccole risaie, le donne che fanno il bucato nei fossi ingrossati dalla pioggia notturna, gli studenti in uniforme che escono da scuola (le bimbe hanno tutte invariabilmente le trecce) o il bagnino che canta aspettando il turista che voglia fare paragliding o waterski. Uhm. Questa Bali sembra un depliant. Concludo raccontando della mia camicia. Ho passato due giorni facendo la valigia - ho scelto con cura tutto quello che dovevo portare con me, fra cui una camicia azzurra con ricami bianchi, che mi e' sempre piaciuta molto (non si deve stirare!). Purtroppo due cuciture hanno cominciato a cedere ed ho deciso di lasciarla qui, non avendo il cuore di buttarla... e mentre la appendevo nell'armadio, contando di abbandonarla alla partenza, ho visto l'etichetta: diceva - e l'ho letta per la prima volta - Made in Indonesia. In fondo e' stato come riportarla a casa sua.
Bali
Comincio con il ringraziare per i mail = cari tutti, oggi vi leggo ma non vi rispondo, la connessione via satellite da Bali e' lenta da morire. Continuate a scrivermi, siete una grande compagnia. Torno all'Egitto, perche' alcune riflessioni mancano ancora per completare il quadro. Walk like an Egyptian Vi ricordate la canzoncina delle Bangles? ebbene camminare come un egiziano si rende necessario ogni qualvolta al Cairo si voglia attraversare la strada - non ho mai visto tanti pedoni dall'apparente tendenza suicidale come in Egitto. Ci si butta dove e' peggio, le auto non ci pensano neanche a rallentare, ma dopo un po' ci fai l'abitudine. Tamer ha colto l'occasione per prendermi la mano un paio di volte, per condurmi in salvo - quando l'ho visto sfidare camioncini a tutta velocita' ho dovuto impormi e scegliere il marciapiede - dubito che anche la forza ideale del suo romanticismo potesse prevalere contro una massa lanciata a piu' dei 100 km/h. Romanticismo E riparlo di Tamer. E' stato bellissimo parlare con lui e del suo modo di vedere la vita e le relazioni. Prima di tutto, alla mattina aveva insistito per portare me ed Azza in un luogo evidentemente molto caro al suo cuore - un bel parco dalle parti di Nasser City. Mi ha raccontato di essere per l'appunto un romantico - di giudicare in primo luogo con il cuore se una donna fa per lui (ed e' qui che mi sono preoccupata quando ha cominciato a dire che i miei occhi sono come il mare - ma poi si sara' accorto che uno e' come l'Adriatico e l'altro come il Tirreno? Poco male.) Tamer scrive poesie e canticchia fra se' e se' quando cammina. La notte non dorme e parla del suo futuro amore con gli amici, guardando la luna. Ho trovato bello incontrare una persona diversa da quelli che erano gli incarogniti ingegneri che frequentavo alla stessa eta' - preoccupati solo di fare carriera ed eventualmente di riuscire finalmente a conoscere biblicamente una donna (gli ingegneri maschi sono notoriamente specie tardive...). Auguro a Tamer di trovare qualcuna come lui - dopo essere stato brutalmente mollato da una fidanzata che si e' lasciata convincere a sposare un ingegnere con i soldi e il Mercedes. E di trovarla presto, perche' anche gli ormoni arabi prima o poi... La sera ha insistito per portarmi a visitare un orfanatrofio che frequenta abitualmente, una sorta di istituzione dove i bambini abbandonati trovano una parvenza di famiglia. Voleva farmi vedere quanto gli piacevano i bambini? E' stato indimenticabile conoscere anche Mama Mounira, una signora gentilissima che vive in permanenza con otto bambini di diverse eta' - e tutti invariabilmente bellissimi. La famiglia Seif Azza mi ha portato a casa sua la sera - e ho avuto il piacere di conoscere l'intera famiglia Seif. Non avrebbero potuto accogliermi meglio - mi hanno davvero fatto sentire parte del loro mondo, mi hanno offerto la cena con una generosita' commovente, abbiamo fatto foto tutti insieme come vecchi conoscenti. Tutta la famiglia e' composta da papa' Seif (che non ho incontrato, dato che fa il poliziotto e lavora fino a tardi), dalla signora Tamila (che si e' messa il vestito della festa per le foto), dal fratello Ahmed (piu' piccolo di Tamer) e dalle sorelle Hand, Marwu ed Amira (oltre ad Azza). Tutti sono degli studenti formidabili e hanno uno sguardo indimenticabile. Mi hanno fatto spergiurare di tornare in Egitto (e ci tornero') e di stare di piu' con loro (e certamente non manchero'). Una famiglia ce l'ho gia'. Essam Essam mi ha fatto passare una piacevole serata in giro per il Cairo, parlando con gusto di religione (con un'agnostica come me effettivamente puo' esserci gara...) e di mille altre cose. Ha studiato dai salesiani ed e' perito meccanico - non fara' certo l'accompagnatore Turisanda per sempre, anche se mi dispiace per chi non avra' modo di apprezzarne la simpatia. Mi ha lasciato un portafortuna che porto sempre con me (quattro monete da 25 piastre), assieme alla collanina di Nefertiti che mi ha dato Azza all'aeroporto prima di scappare via e piangere forse un po'. Questi due oggetti, assieme alla bussola (che, confermo, continua a segnare il Nord) sono un invincibile schermo contro tutte le sfortune del viaggio. Anche con Essam il patto e' di tenersi in contatto, e spero che venga a leggere anche queste pagine presto. Dubai E chi se l'aspettava? l'aereo ha fatto scalo e naturalmente una mezz'ora in giro per l'ereoporto l'ho passata - palme finte, sale come cattedrali e baretti per degustare ostriche e caviale... davvero le mille e una notte fatte aeroporto. So comunque che dovro' tornarci, prima o poi. Singapore E via con un altro aereoporto cult! Stagni con carpe giganti, giardini di orchidee, tour della citta' organizzati per chi fa transfer con lunghe attese... ma ne riparlero' quando torno da Denpasar ed avro' giusto 5 ore da impiegare Il signor Morita Il signor Morita e' un giapponese - e' la ventesima volta che viene a Bali - le prime volte per correre la maratona, poi per passarci qualche mese ogni anno. Era seduto accanto a me in aereo, mi ha chiesto se ero europea, mi sono presentata in giapponese e via cosi' conversando. E' stato molto gentile, tanto da offrirmi un passaggio dall'aeroporto all'hotel... e sono certa che lo vedro' di nuovo. Per i curiosi, il signor Morita e' nato nel 1936 (come ho appreso aiutandolo a compilare le carte per l'immigrazione... il suo inglese non era sufficiente...). Ragazzi, mi sono rovinata, stavolta, di Bali vi parlero' piu' avanti, ma entro un paio di giorni... e vedremo che racconta Coriolis da queste parti!
Sunday, 5 January 2003
Il Cairo
Ebbene, anche al Cairo esistono gli Internet Cafe'... Dopo tre giorni di Egitto allo stato puro, direi proprio che l'Egitto di oggi e' molto piu' appassionante di quello di ieri. Anzi, direi che comincio a trovare quasi offensiva l'insistenza che il turista medio dimostra per le pietre del passato, piuttosto che per le folle del presente. Non vorrei sembrare incoerente - e' del tutto vero che ho scelto questa tappa per visitare il Museo Egizio e le Piramidi = il piano e' stato portato a termine con la consueta efficienza (Cosimo sarebbe orgoglioso di me!), ma la cosa di gran lunga piu' eccitante e' stato non tanto quello che e' avvenuto nel Museo (una congerie ottocentesca di sale male illuminate che contengono tesori inimmaginabili veramente male esposti) - ma quanto e' avvenuto nel cortile subito fuori. La visita di per se' ha avuto momenti commoventi: il trono di Tutankhamun mi ha fatto davvero venire le lacrime agli occhi - sciocca turista europea travolta da folle di altri turisti che guardano consumano toccano e se ne vanno. Ho passato almeno 6 ore - la gente aumentava e diminuiva come la marea, tutti intruppati dalle loro guide locali che parlavano con sorprendente perizia italiano inglese francese tedesco russo giapponese e che soprattutto li facevano circolare con la stessa abitlita' di un cammelliere con il suo branco di gobbuti. Via da tutta questa foga! la mia visita almeno ha avuto il tempo che desideravo - ho potuto rivedere le sale piu' significative, ho scritto, ho disegnato, persino. Insomma, al di la' dei limiti espositivi, il Museo mi ha soddisfatto in pieno. E cosi' sono uscita e come prima cosa mi sono seduta sul muretto di fronte all'ingresso - per dare un'occhiata alla costosissima guida che avevo comprato, ma anche per tentare di mangiare una di quelle barrette sostitutive che ho avuto la bella idea di comprare. Rivoltante - quindi e' stato con piacere che ho interrotto il mio diligente mastichio per rispondere a una gentile signorina che mi ha rivolto la parola. " Mi chiamo Azza, hai voglia di parlare con me? vorrei fare pratica di inglese" La risposta non poteva che essere positiva - abbiamo parlato di tutto un po' ed ho scoperto che Azza ha 17 anni e potrebbe essere la sorella egiziana di Rossana Molino. Vuole studiare architettura e soprattutto ha un sorriso disarmante come Rossana. Da qui una considerazione riguardo le Guide della Lonely Planet. Cara Annamaria, so che le ammiri tanto, ma contengono veramente un sacco di (scusate il francesismo) stronzate. Infatti, la sera quando mi sono riletta le pagine relative al Museo il warning era chiarissimo: diffidate da chi vi attacca bottone davanti al Museo! sicuramente vorra' rifilarvi qualche sola! Ma ormai io avevo gia' detto ad Azza che il giorno dopo sarei andata alle Piramidi e lei si era offerta di venire con me per accompagnarmi. Fin qui, dove stava il problema? posso avere io timore di una fanciulla di diciassette anni che pesa come la Rossana? di lei no, ma Azza ha anche un gran pezzo di fratello - di nome Tamer. Uno schianto: alto e moro e fin qui niente di sorprendente = un avvocato, mi ha detto lei presentandomelo - ma che fa un avvocato davanti al Museo alle 4 del pomeriggio? Quindi il giorno dopo Azza e Tamer mi avrebbero portato nel deserto, mi avrebbero rapinato e sgozzato certamente. Niente di tutto cio' Le guide della Lonely Planet cercano di infondere una diffidenza da neocolonialisti a dir poco disgustosa - gli egiziani sono gentili e ospitali (Azza e' un po' preoccupata delle mani morte sugli autobus, ma non sa che posso spezzare un setto nasale in tre punti con una gomitata) - cosi' il mio primo giorno e' terminato con un appuntamento per il seguente - in un susseguirsi di pentimento e di preoccupazione a causa della maledetta LP. Devo citare la piscina riscaldata dell'Hilton? No, e' solo un dettaglio operativo. Il giorno dopo Giza - niente fratello, quindi nessun timore: le piramidi sono degli straordinari mucchi di sassi - ammetto di essere un po' riduttiva, ma in fondo e' proprio cosi'. La cosa piu' notevole e' che ti compaiono ad un tratto al finestrino dell'autobus, facendoti trasalire. Per il resto cio' che la guida dice e' vero - cammellieri stallieri e rompicoglioni vari ti assalgono continuamente (Azza era una tigre, guai a chi insisteva troppo!). Sono entrata nella piu' piccola (porto ancora qualche bernoccolo) - l'ambiente e' claustrofobico a dir poco - ed e' tutto quello che si puo' dire. Straordinario e' il contrasto fra il Cairo e i suoi palazzoni da un lato e il deserto dall'altro. La Sfinge, effettivamente, e' piu' piccola di quanto non la si possa immaginare - Obelix non avrebbe avuto tanta soddisfazione ad arrampicarcisi su. Ma il clou della giornata e' stata la compagnia di Azza, che mi ha raccontato delle sue aspirazioni, che mi ha spiegato perche' porta l'Higab - il velo, se cosi' si puo' dire - che mi ha anche insegnato a metterlo e che oggi mi accompagnera' a comprarne uno. Infatti oggi sono ancora con lei e con il fratello, che continua a ripetermi che i miei occhi sono come il mare e che che non vuole sposare un'egiziana - povero caro, cosi' bello e cosi' abile nel cercare i due di picche - ma dal momento che ha 24 anni, sono tutto sommato soddisfazioni (qualcuno fra i lettori tanto preoccupato dell'eta' propria e degli altri dovrebbe riflettere...) La sera l'ho passata con Essam, il responsabile della Turisanda (anche lui mi ha dato 15 anni di meno, sapete? come fai a dire che questo e' il viaggio dei miei 40 anni? fanno delle facce cosi' avvilite...) parla perfettamente italiano e mi ha portato per il Cairo notturno - grande serata, bevendo te' alla menta da Fishawy (il piu' antico caffe' del Cairo) e mangiando kebab... tempo scaduto ragazzi, ci risentiamo da Bali...
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